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God from The Machine: intervista a Simone Caruso

God from The Machine: intervista a Simone Caruso

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Simone Caruso (Bronte, 1992) ha studiato prima pittura e poi fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Catania. Approfondisce, in particolar modo, il linguaggio delle immagini e della loro influenza sulla società contemporanea, con particolare attenzione alle tecnologie e alle modalità di diffusione e fruizione delle stesse.
Nel 2014 fonda il consorzio di sperimentazione sonora Fisherman’s Bastion. Nel marzo 2019 realizza la mostra personale God from The Machine presso White Garage gallery a Catania, manifesto artistico e filosofico del percorso di ricerca compiuto negli ultimi anni.

 

Quando è cominciata la tua ricerca artistica e quali sono i tuoi temi principali?

La prima ricerca compatta penso sia cominciata nel 2012; è maturata, a poco a poco, fino al 2016 con la stesura della mia tesi di laurea specialistica dal titolo La società dell’automatismo, sfociata successivamente nella mostra personale God from The Machine, realizzataa marzo 2019, presso la White Garage gallery di Catania.
Lo studio dell’immagine per me è un tema fondamentale. Viviamo sommersi dalle immagini, questa massa di sollecitazioni ha un’influenza potentissima su di noi e sulla nostra società. Il mio intento è quello di capire, e quindi mostrare, come le tecnologie per la produzione e diffusione delle immagini e delle informazioni modificano la nostra percezione della realtà quotidiana, il nostro modo di stare al mondo e la sensibilità dell’uomo contemporaneo.
È un circolo vizioso: l’uomo crea e plasma delle immagini che a loro volta plasmano la coscienza degli esseri umani.

Le tue influenze, ispirazioni, punti di riferimento.

È difficile individuare dei punti di riferimento, penso che ogni cosa che viviamo più o meno direttamente si deposita dentro di noi, sia per tesi che per antitesi: siamo continuamente plasmati dall’esterno.
Le mie influenze sono un po’ ovunque, sparse nelle esperienze della mia quotidianità o nei ricordi della mia infanzia. Prendo da qualsiasi cosa: dalle pubblicità, dai fumetti, dalla cultura fine anni Novanta. Oggi il tempo si mescola, hai la possibilità di ascoltare musica fatta negli anni Cinquanta o un album uscito ieri: tutto si rimescola nella cultura post moderna.
Parlando in maniera più concreta, penso che lo scambio più diretto l’ho avuto sicuramente con il collettivo Canecapovolto con il quale ho avuto modo di collaborare in più occasioni.

Come definiresti la tua produzione artistica in poche parole.

La prima parola che mi viene in mente è negazione. Lavoro sempre per negazione, sia musicalmente sia visivamente. Ad esempio, le mie fotografie sono antifografiche, nel senso che sfruttano il linguaggio della fotografia per smontarlo.
Il mio obiettivo è arrivare ai codici sorgente dei linguaggi per poterli hackerare e sabotare: per creare qualcosa di nuovo bisogna per forza distruggere ciò che è vecchio, la creazione implica sempre una distruzione. È più o meno questo il concetto che ho espresso attraverso il mio progetto musicale Fisherman’s Bastion. Ho prodotto due album nei quali, partendo da strutture musicali concrete (ad esempio, del pop e dell’elettronica) ho creato qualcosa che poi negasse la natura stessa di tutte le influenze da cui sono partito.
Mi piace lavorare per negazione perché l’unico modo per sfuggire al dominio delle informazioni, la gente si aspetta una cosa e io invece ne propongo un’altra che è l’esatto opposto.

Che rapporto hanno, per te, arti visive e arti sonore?

Credo che suono e immagine abbiano la loro autonomia e dignità a se stante. Ad esempio, per il Porn festival 2019 di Catania ho presentato un lavoro unicamente audio, sempre per lavorare attraverso la negazione; il porno è fondamentalmente immagine o video, è quello che gente si aspetta. Sottraendo l’immagine alla componete sonora penso che si dia una forza evocativa incredibile al suono: in un mondo saturato dalle immagini, alle volte negare l’immagine può essere più interessante.
In ogni caso, penso che trovare un equilibrio fra suono e immagine apra enormi possibilità narrative, quando queste due componenti sono in equilibrio si danno forza a vicenda.

Progetti futuri?

C’è sempre molto in pentola: una partecipazione a Swab Barcellona, in cui presenterò una pubblicazione a cui lavoro dalla scorsa primavera, due album in lavorazione (tenete d’occhio la pagina soundcloud) e altre novità molto interessanti a Catania che coinvolgeranno molti artisti di diverse discipline e non solo, di cui al momento non posso rivelare niente! Bisogna pazientare un po’ fino al periodo natalizio!
In definitiva, mi interessa soprattutto poter continuare a sviluppare il mio processo di ricerca, senza punto d’arrivo prestabilito, e lasciare che ciò che deve essere possa manifestarsi.

A cura di Stefano Angenica

 

Instagram: god_from_the_machine


Caption

Simone Caruso, 0003_4000065480003 (from the series God from the Machine) – Digital C-print, 30x45cm, 2017 – Courtesy l’artista

Simone Caruso, Rise of The Heroes – Ink jet print mounted on aluminum dibond, 100x155cm, 2019 – Courtesy l’artista

God From the Machine – Installation view, White garage gallery, Catania, aprile 2019 – Courtesy l’artista

 

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